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La legge di bilancio proroga il divieto di licenziamento

Come ampiamente annunciato, il divieto di licenziamento continua in forza della legge di bilancio 2021, che ne estende la durata al 31 marzo 2021.

Per valutare la portata dell’interdizione datoriale occorre un breve riassunto delle ultime “puntate” della sua storia, incominciata il 23 febbraio 2020.

Lo scorso agosto, il d.l. 104/2020, convertito nella legge 126/2020, aveva stabilito un blocco dei recessi di durata “flessibile”, legato all’esaurimento da parte del datore di lavoro delle 18 settimane dei trattamenti di integrazione salariale riconducibili al COVID-19, ovvero all’integrale fruizione dell'esonero dal versamento dei contributi previdenziali nei limiti ivi consentiti.

In seguito, il c.d. “Decreto Ristori (d.l. 137/2020, entrato in vigore il 29 ottobre 2020) sposava una connotazione più rigida, fissando alla preclusione datoriale una scadenza valida per tutti, con termine al 31 gennaio 2021.

Oggi, l’art. 1 commi 309, 310 e 311 della legge 30 dicembre 2020 n. 178, proroga il “blocco” al 31 marzo 2021, ma rimane nel segno della continuità con i provvedimenti governativi emessi in precedenza, visto che nulla cambia con riferimento all’ampiezza dell’ambito oggettivo dell’inibizione, che si conferma esteso a:

  • l'avvio delle procedure di licenziamento collettivo e la sospensione delle procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020, fatte salve le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell'appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore;

  • i recessi individuali per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell'articolo 3 della legge 604/1966, con sospensione delle procedure conciliative ex art. 7 della medesima legge.

Restano altresì in vigore le deroghe al divieto coniate per la prima volta dal decreto “agosto”, con la conseguenza che sarà possibile licenziare:

  • a causa della cessazione definitiva dell'attività dell'impresa, in conseguenza alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell'attività (con l’esclusione dei casi in cui nel corso della liquidazione si configuri la cessione dell’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell'articolo 2112 c.c.);

  • nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, che preveda un incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro e nei limiti dei lavoratori che aderiscano al predetto accordo (e che acquisiranno il diritto alla Naspi);

  • nelle ipotesi di fallimento della società, quando non sia previsto l'esercizio provvisorio, ovvero ne sia disposta la cessazione.

La misura sopra descritta, che il nostro Paese ha scelto di adottare al fine di garantire la tenuta dell’occupazione nello scenario economico contrassegnato dagli effetti della pandemia, si accompagnerà nuovamente al diritto degli imprenditori di accedere agli ammortizzatori sociali per una durata massima di 12 settimane, da collocarsi nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 31 marzo 2021 per i trattamenti di cassa integrazione ordinaria, e nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2021 e il 30 giugno 2021 per i trattamenti di assegno ordinario e di cassa integrazione salariale in deroga.

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